Era
il 23 agosto scorso quando sulle testate locali e nazionali impazzava la
notizia dell’uccisione di un noto boss di Scampia sulle coste laziali.
Terracina,
da ridente località marittima, si è
trasformata in un set western che ha visto un regolamento di conti che non ha
glissato né i festeggiamenti post-ferragosto né la calura.
Uno
stabilimento affollato di bagnanti che all’ora dell’aperitivo si è messo a
giocare a “si salvi chi può”. La ressa, la paura, l’ansia di rimettere la vita
per qualcosa in cui si ricopriva il ruolo della comparsa; bambini terrorizzati
dagli innumerevoli spari e la sensazione di non essere al sicuro nemmeno in
vacanza.
Spulciando
tra le varie notizie che pervenivano, il nome del “giustiziato” sembrava
familiare: non si trattava, infatti, solo di Gaetano Marino (boss degli
scissionisti, clan contrapposto a quello dei Di Lauro durante la sanguinosa
faida nel napoletano), ma del chiacchierato papà che in Rai qualche tempo fa
assistette all’esibizione canora di sua figlia.
Quali
sono i meccanismi che legano queste due realtà? Come è possibile che un boss,
ricercato, vada in televisione e venga ripreso dalle telecamere omettendo
“giustamente” la protesi alle mani saltategli proprio in un regolamento di
conti?
Come
un uomo possa delinquere lo immaginiamo, ma come uno degli esponenti per
eccellenza della Camorra possa comparire nella TV di Stato proprio non
riusciamo a comprenderlo.
La
TV è di tutti e per tutti, su questo non si discute, ma non dovrebbe essere
esempio di legalità e specchio di una società dove la stragrande maggioranza
della popolazione non si piega alla logica criminale?
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