giovedì 26 gennaio 2012

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE (GIOVANI)

Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. Studiammo. Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve a niente? Avreste fatto meglio a imparare un mestiere!”. Lo imparammo. Dopo averlo imparato ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere?”. Ci convinsero e lasciammo perdere. Quando lasciammo perdere, rimanemmo senza un centesimo. Ricominciammo a sperare, disperati. Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo grandi, con troppa esperienza e troppi titoli. Finalmente trovammo un lavoro, a contratto, ferie non pagate, zero malattie, zero tredicesime, zero Tfr, zero sindacati, zero diritti. Lottammo per difendere quel non lavoro. Non facemmo figli - per senso di responsabilità - e crescemmo. Così ci dissero, dall’alto dei loro lavori trovati facilmente negli anni ‘60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre. Avemmo dei figli e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza nè un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. A quel punto non potevamo mica ucciderli.
Così siamo emigrati. Siamo andati altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo abbiamo trovato, ci sentiamo bene. Ci sentiamo finalmente a casa. Ma un giorno, quando meno ce lo aspetteremo, il “Sistema Italia” fallirà e tutti si ritroveranno col culo per terra. Allora ci direte: “Ma perchè non avete fatto nulla per impedirlo?”. A quel punto non potremo che rispondere: “Andatevene affanculo!"
Questo breve messaggio di disagio giovanile l'ho trovato per caso su internet, accanto ad un'altra notizia: “È un fenomeno sommerso che riguarda il 15% dei contratti a tempo indeterminato. Prima si firma la lettera di assunzione e, pochi minuti dopo, quella di dimissioni. Così quando i contributi sono finiti, o serve un taglio del personale, il datore è libero di licenziare chi vuole. Una prassi illegale che riguarda soprattutto le donne”. Uno dei tanti problemi e dei tanti meccanismi innestati dalla flessibilità del mercato per rendere sempre più la categoria dei lavoratori a tempo determinato (ma non solo), cioè la quasi totalità dei giovani italiani, merce di scambio, un nuovo fattore produttivo a cui non applicare alcuna etica nell'utilizzo.
Vedete cari lettori, noi giovani ci troviamo, oggi,  “nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Non abbiamo un presente in cui credere, speriamo in un futuro che però ogni giorno è sempre più lontano. Nessuno ci da una mano, è tutto nella nostra capacità di auto-organizzarci e auto-tutelarci. Però ad ogni nostra iniziativa siamo criticati. Cosa faremo, ce ne andremo? Possibile.
Poi, quando un giorno qualcuno ci rinfaccerà il nostro addio, beh, la risposta già la conoscete.
Una citazione del romanzo a cui ho preso il titolo fa al nostro caso: La gente di solito si rifugia nel futuro per sfuggire alle proprie sofferenze. Traccia una linea immaginaria sulla traiettoria del tempo, al di là della quale le sue sofferenze di oggi cessano di esistere. Speriamo nel futuro, più nero del presente non può essere.

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