giovedì 10 novembre 2011

SPUNTA L'ANTICA VIA LATINA CHE COLLEGAVA TEANO CON ALIFE E CAIAZZO

Articolo tratto da Caiazzo Rinasce

La scoperta è avvenuta Venerdì scorso in località Loreto, frazione di Teano. Era la strada usata dai Romani per passare da Teano ad Alife e giungere a Caiazzo. L'intervista di Elio Zanni al Direttore e Archeologo Francesco Sirano, che ha ripercorso a ritroso l'antica via Latina...

Eccezionale scoperta archeologica a Teano: rinvenute, in località Loreto, le rovine del ponte sul fiume Savone dell’antica via Latina che collegava Teano con Alife. Complice la pioggia intensa delle scorse settimane e una piena che ha fatto alzare di oltre tre metri il livello del corso d’acqua che con il torrente Rio Messere abbraccia il territorio sidicino, sono emersi importanti elementi architettonici di un ponte romano del III, IV secolo a.C. ora allo studio della Soprintendenza. Le emergenze sono costituite da due manufatti in calcestruzzo (opus caementitium) conformazioni di pietre di differente grana mescolate con calce idrata, sabbia e acqua: tipica malta per opere idrauliche. Nello stesso punto dell’alveo spicca anche la massiccia presenza di pietre poligonali di basalto, proprie dei lastricati, alcune delle quali ciclopiche. Quasi tutte dotate di un lato liscio adatto al calpestio e di una parte inferiore grezza e cuneiforme, idonea a incastrarsi nel pietrame di fondo (statumen) della strada romana. La scoperta, venerdì scorso, durante una passeggiata ispettiva organizzata dal Direttore archeologo, Francesco Sirano, Coordinatore presso la Soprintendenza di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, da poco sotto le professionali direttive di Adele Campanelli. Quattro passi di verifica sulla scorta di una segnalazione ricevuta da un appassionato di archeologia del posto, Francesco Zanni, già artefice di altre singolari segnalazioni. Ebbene, i ruderi rinvenuti sono tali da far ritenere di trovarsi davvero di fronte ai due blocchi contrapposti di appoggio delle campate di un ponte romano. Blocchi rovinati dall’incuria e dal tempo, dal passaggio dell’acqua, da altre piene e da movimenti tellurici: crollati, così, nell’alveo in epoca indefinita. Manufatti che sembrano proprio destinati a sorreggere dei ‘piedritti’, pietre verticali lavorate e sulle quali è possibile sviluppare un arco o anche più archi che in casi simili sono quasi sempre a tutto sesto. E se la presenza dei piedritti deve essere ancora accertata con dei saggi, lo spettacolo del Savone continua con la presenza blocchi di pietra bianca a parallelepipedo, notoriamente utilizzati a scopo decorativo. Infine, anche la breve distanza dello stesso ponte da un tratto ben conservato della primitiva Via Latina (soppianta nell’uso, per motivi di sicurezza militare, da una seconda e poi da una terza via, l’Appia, ben più esterne al tenimento sidicino) sfiora la necropoli di Sant’Amasio, contribuendo a dissolvere dubbi residui sull’importanza dei reperti cui hanno dato la caccia nell’ultimo secolo studiosi e archeologi di fama. Non sarebbe azzardato definire la scoperta come il tassello mancante di quel racconto storiografico o la tessera ritrovata di quel mosaico cartografico sul quale si staglia sempre più nitidamente l’immagine di una città (Teanum Sidicinum) che fu d’eccezionale importanza militare e culturale, grazie alle sue strade, ai templi e al suo Teatro, tra i più grandi dell’Impero Romano. L’esistenza del ponte sul fiume Savone dimostra che la Latina penetrava Teano collegandola per via breve con Roma e Alife permettendo scambi culturali e commerciali del tutto preferenziali; funzioni specifiche rispetto alle vie Appia e Aurelia. Ecco il vero coronamento al primitivo intuito che aveva portato i sidicini a diventare il popolo della valle del fiume Savone, stabilizzandosi proprio al confine settentrionale della Campania, ossia in posizione strategica per l’accesso al territorio laziale. Ecco perché la valle del Savone custodisce molti altri segreti, come l’Anfiteatro e uno stabilimento nei pressi di Loreto destinato alle abluzioni fluviali o alla lavorazione della terracotta, oggi celati da un'abnorme falda di terra ma che qualche contadino del posto asserisce di conoscere bene e indica come località ‘bagno nuovo’.

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